lunedì 29 ottobre 2012

Decameron, VII, 3: Calandrino e l'elitropia



Decameron, VIII Giornata, 3^ novella
L’Ottava Giornata del Decameron, di cui regina è Lauretta, ha per tema le beffe fatte o da una donna a un uomo, o da un uomo a una donna, o da un uomo a un altro uomo.La novella di Calandrino e l’elitropia è narrata da Elissa, che prende la parola una volta conclusa la storia raccontata da Panfilo.
La trama
È possibile suddividere il racconto in tre momenti: il primo ambientato nella chiesa fiorentina di San Giovanni; il secondo si sviluppa sulla riva del Mugnone e sulla strada che porta dal fiume in città; il terzo, infine, si svolge all’interno della casa di Calandrino.
Il primo momento è caratterizzato dall’incontro tra Calandrino e Maso del Saggio, giovane burlone molto noto in città, deciso a prendersi gioco del «dipintore» ingenuo che gli sta davanti.
Con frasi allusive e talora senza senso, che dicono negando e spesso contengono un doppio messaggio, Maso convince Calandrino dell’esistenza del paese di Bengodi e dell’elitropia.
Il primo è una sorta di “paese della cuccagna”, in cui vi è da mangiare e bere a volontà (il narratore parla esplicitamente di «montagne di parmigiano» e «fiumi di vernaccia») e dove ogni cosa è venduta ad un prezzo più che vantaggioso; l’unico impedimento è che dista «più di millanta», come scherzosamente dichiara il beffatore. L’elitropia, invece, è una pietra preziosa, di colore nero, la quale fa sì che «qualunque persona la porta sopra di sé, mentre la tiene, non è da alcuna altra persona veduto dove non è». Per il lettore e ogni altro uomo avveduto, è normale che una persona “non sia veduta dove non è”, ma non è così chiaro a Calandrino, che è convinto di aver trovato la pietra che dona l’invisibilità.
Pertanto egli corre immediatamente dai suoi due amici, anch’essi pittori, Bruno e Buffalmacco, i quali, dopo aver ascoltato la notizia ed il progetto di Calandrino, non si lasciano scappare l’occasione di burlarsi del loro amico credulone.
Si alza così il sipario della seconda scena: è domenica mattina e i tre uomini si dirigono verso il Mugnone, luogo in cui l’elitropia, secondo quanto riferito da Maso del Saggio, abbonderebbe.
E Calandrino, che non può non credere ad un uomo così saggio, comincia a riempirsi le tasche di pietre nere, infilandole persino nei lembi sollevati della gonnella che indossa. Ad un certo punto, Bruno e Buffalmacco danno inizio alla loro beffa: cominciano a guardarsi intorno e fingono di non notare più Calandrino, facendogli così credere di aver raccolto davvero l’elitropia ed essere diventato invisibile. Il pittore, carico di sassi ma soddisfatto, decide allora di avviarsi sulla strada del ritorno, naturalmente seguito dai suoi due amici, i quali, facendo finta di essere infuriati con l’amico svanito nel nulla, cominciano a scagliargli addosso sassi. A confermare la convinzione di Calandrino di essere diventato invisibile, il fatto che nessuno di coloro che lo incontra gli rivolga un cenno di saluto, nemmeno i gabellieri della porta di San Gallo, che in realtà si erano precedentemente accordati con Bruno e Buffalmacco.
Infine i tre giungono in città: Calandrino entra in casa e viene immediatamente rimproverato dalla moglie, monna Tessa, per essere arrivato in ritardo e per aver scaricato in casa tutti i sassi che ha portato con sé. Ma Calandrino, credendo che la moglie sia colpevole di averlo privato del dono dell’invisibilità, non riesce a trattenere la rabbia e la sua stizza è tanto grande quanto la forza della sua precedente illusione. Si scaglia, perciò, contro la moglie e la picchia finché non giungono i due compari, i quali salvano Tessa da ulteriori botte, continuando però a schernire l’amico. Infatti, dopo avergli ironicamente domandato se sia intenzionato a costruire un muro con tutti quei sassi, lo accusano di aver commesso due errori: pur sapendo che le donne fanno perdere ogni virtù agli incantesimi, si è presentato di fronte alla moglie; e in secondo luogo ha ingannato gli amici e per questo Dio lo ha punito. Così Calandrino, che si sente colpevole del suo stesso danno, subisce una seconda beffa.

CONFRONTO CON IL MONDO MEDIEVALE
Ø     I PERSONAGGI
·         Calandrino, considerato da F. Betti[1] «il personaggio più comico del Decameron», è l’immagine del “contadino inurbato”, che giunge in città credendo di trovare il guadagno facilmente (già Dante rimproverava ai suoi contemporanei quest’avidità e brama di ricchezza), ma che in realtà è guardato con compassione dai cittadini e diviene vittima delle beffe dei suoi colleghi fiorentini.
Calandrino e' inoltre “il grullo”, la “vittima del destino”: vive, infatti, un continuo rovesciamento di ruoli, da presunto ingannatore a vittima, portatore di una falsa astuzia che sconfina in una sciocca malizia. Tuttavia sarebbe riduttivo definirlo semplicemente “uno sciocco”, infatti la sua figura non è affatto priva di complessità. Pare quasi un rappresentante dei caratteri tipici degli uomini medievali, come la scarsa istruzione, l’ingenuità, la misoginia (che, peraltro, contraddistinguerà anche Boccaccio nella seconda parte della vita). Tralasciando il suo aspetto più comico e credulone, Calandrino, come afferma anche la scheda di presentazione dello spettacolo Le novelle di Calandrino, Bruno e Buffalmacco messo in scena dalla “Compagnia delle Stelle”[2], è ritenuto «l’antieroe» del Decameron in quanto emergono in lui valori come l’ingordigia, l’ira, la cattiveria e il desiderio di realizzarsi pur a discapito del prossimo (basti pensare alla forza con la quale picchia la moglie).
·         Bruno e Buffalmacco stanno agli antipodi rispetto alla figura di Calandrino: loro, infatti, sono i portatori delle nuove qualità dell’uomo borghese. Il gusto dello scherzo è in loro fine a se stesso, costituisce una prova della loro intelligenza, della loro abilità nel parlare e nel convincere, della loro superiorità rispetto agli uomini dell’epoca precedente. «Essi mostrano la nascita dell’individualismo borghese – sostiene Luperini[3] – esaltato nei valori della prontezza di spirito e della capacità di approfittarsi della dabbenaggine altrui».
Ø     ALTRE TEMATICHE
·         L’attenzione ai beni materiali appare in controtendenza rispetto a ciò cui si mirava durante il Medioevo: in quei secoli, infatti, nessuno si sarebbe permesso di celebrare un paese come Bengodi o di invitare a sfruttare le proprietà delle pietre preziosi per il fine dell’arricchimento.
·         Il valore dei lapidari, di estrema importanza durante il Medioevo, viene quasi ridicolizzato nella novella.
·         I personaggi appaiono privi di morale: Calandrino picchia la moglie, Maso del Saggio si diverte nel prendersi gioco del prossimo, Bruno e Buffalmacco sono così spietati da illudere il loro amico e non intervenire mentre picchia la moglie.
Per concludere, si può affermare che la novella di Calandrino e l’elitropia è fra le più significative del Decameron perché in essa, pur richiamando elementi medievali (Calandrino), rappresenta la nascente classe borghese rinascimentale (Bruno e Buffalmacco), ma al tempo stesso provoca riflessioni sempre attuali. Come, infatti, sostiene la ricercatrice e studiosa di letteratura Maria Alberta Faggioli Saletti[4]: «Che dire della modernità della beffa? Per la sua raffinatezza, questo meccanismo è solo in parte d’attualità, in tempi in cui abbiamo solo notizie di beffe ben poco fantasiose, degenerate in rozzi inganni o in vere e proprie truffe con facile arricchimento a danno di vittime indifese».
A cura di Eros Robba




[1] (Franco Betti, Calandrino eroe sfortunato. Aspetti del realismo boccacciano, in “Italica”, LIV, 1977, pp. 512-520)
[2] http://www.lacompagniadellestelle.it/produzione.asp?var=4
[3] R.Luperini, P.Cataldi, il nuovo LA SCRITTURA E L’INTERPRETAZIONE, Palumbo Editore, 2012, pag.559
[4] Maria Alberta Faggioli Saletti, Calandrino personaggio comico del DECAMERON di Giovanni Boccaccio, post n° 128 pubblicato il 21/08/2008 su spigolature.it

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